Anno III - MARZO 2006
Les chasseurs des lumières
L'autunno di rivolte e di violenze di quest'anno,nelle banlieues parigine, affonda le proprie ragioni in un disagio strutturale della società francese e sta decretando la morte definitiva di quel modello francese di integrazione sociale tanto pubblicizzato negli scorsi decenni. I protagonisti di questa rivolta, i beurs, per lo più figli di immigrati nord africani di seconda e terza generazione, francesi nati in Francia, rappresentano la faccia più scoperta del fallimento di un'intera stagione di politiche sociali e di integrazione, la nuova jacqueries in questo medioevo culturale della globalizzazione neoliberista. Il fenomeno di cui stiamo parlando non è il frutto della semplice marginalizzazione degli immigrati, ma qualcosa di più profondo, di diverso non paragonabile ai tradizionali processi di integrazione interetnica. Un processo che incontra i temi di una crisi sociale che è solo in parte crisi economica che va letto non solo con gli occhi di Marx ma probabilmente anche con quelli di Debord. La rivolta esprime la crisi di un modello di sviluppo, quello fordista, che per quanto alienante si iscriveva in uno schema di crescita indefinita con politiche strutturali di Welfare; i processi di mondializzazione dell'economia hanno fatto saltare questi schemi, le politiche neoliberiste hanno aggravato le condizioni materiali di vita, l'emarginazione è diventata una situazione di status permanente a cui si abbina un senso di mancata prospettiva per il futuro, tutto questo su cittadini senza diritti di cittadinanza e senza una sufficiente coscienza del “per sé” in grado di costruire prospettive strategiche. In questo contesto c'è da registrare il balbettio della sinistra tradizionale ma anche la difficoltà dei movimenti antiglobalizzazione, che pure in Francia hanno segnato una importante stagione di lotta, di cogliere il senso ed il valore di una nuova fase del conflitto sociale che parte dalla Francia, trova già i primi riscontri in Germania ed Olanda, ma che ben presto potrebbe diventare la nuova fase dei conflitti sociali delle grandi periferie urbane europee e da cui noi siamo per il momento esenti solo per un problema di tempi storici.
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L'autunno di rivolte e di violenze di quest'anno,nelle banlieues parigine, affonda le proprie ragioni in un disagio strutturale della società francese e sta decretando la morte definitiva di quel modello francese di integrazione sociale tanto pubblicizzato negli scorsi decenni. I protagonisti di questa rivolta, i beurs, per lo più figli di immigrati nord africani di seconda e terza generazione, francesi nati in Francia, rappresentano la faccia più scoperta del fallimento di un'intera stagione di politiche sociali e di integrazione, la nuova jacqueries in questo medioevo culturale della globalizzazione neoliberista. Il fenomeno di cui stiamo parlando non è il frutto della semplice marginalizzazione degli immigrati, ma qualcosa di più profondo, di diverso non paragonabile ai tradizionali processi di integrazione interetnica. Un processo che incontra i temi di una crisi sociale che è solo in parte crisi economica che va letto non solo con gli occhi di Marx ma probabilmente anche con quelli di Debord. La rivolta esprime la crisi di un modello di sviluppo, quello fordista, che per quanto alienante si iscriveva in uno schema di crescita indefinita con politiche strutturali di Welfare; i processi di mondializzazione dell'economia hanno fatto saltare questi schemi, le politiche neoliberiste hanno aggravato le condizioni materiali di vita, l'emarginazione è diventata una situazione di status permanente a cui si abbina un senso di mancata prospettiva per il futuro, tutto questo su cittadini senza diritti di cittadinanza e senza una sufficiente coscienza del “per sé” in grado di costruire prospettive strategiche. In questo contesto c'è da registrare il balbettio della sinistra tradizionale ma anche la difficoltà dei movimenti antiglobalizzazione, che pure in Francia hanno segnato una importante stagione di lotta, di cogliere il senso ed il valore di una nuova fase del conflitto sociale che parte dalla Francia, trova già i primi riscontri in Germania ed Olanda, ma che ben presto potrebbe diventare la nuova fase dei conflitti sociali delle grandi periferie urbane europee e da cui noi siamo per il momento esenti solo per un problema di tempi storici.
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